Articolo a cura di Stefania Milani
Camminerò sulle uova che guarniscono i piatti tipici a base di patate e formaggio svizzero, mentre narro del concerto di Damiano David che ho visto a Zurigo per voi.
Non si tratta di cercare una tregua: una recensione entusiasta, cieca e ormonale su un ragazzo di 26 anni, alla mia età, sarebbe un problema e mi farebbe risultare ridicola.
Vi racconterò invece le mie impressioni oneste, da parte di chi ha sotterrato l’ascia di guerra contro lo stato dell’industria musicale attuale e ha cercato un approccio obiettivo e scevro da pregiudizi.
Parto con una premessa: non critico chi penso non possa dare più di ciò che sta offrendo; i miei pensieri sono in genere rivolti a chi abbassa il proprio livello rispetto al potenziale.
Per cui, come nel caso delle perplessità che ho espresso in passato nei confronti di questo particolare periodo dei Darkness, devo sviluppare qualche riflessione anche su Damiano, consapevole del fatto che le mie parole non cambieranno la vita né le scelte di nessuno.
Please, stay calm.
Un adolescente che, con i suoi amici, è in grado di scrivere il testo di Torna a Casa in tenera età, a mio avviso ci ha già detto tutto quello che dobbiamo sapere.
Da lì non si dovrebbe mai tornare indietro.
I Måneskin post-Eurovision, invece, sono finiti nel tritacarne del business e del marketing più vuoto — di successo globale, senz’altro — ma a scapito della qualità e del buongusto.
Questo progetto solista di Damiano mi ha incuriosito per la consistenza dei video, in cui ho intravisto un tentativo di evoluzione verso l’alto: tralasciando i testi sempre semplici ed elementari, di facile fruizione per un pubblico anche giovane e anglofono, l’approccio cinematografico sembra attingere alla tradizione italiana di associare l’introspezione del personaggio a dinamiche e problematiche sociali importanti.
Lo vediamo in Next Summer, dove gli spunti di analisi — la differente linea spazio-temporale di evoluzione dei personaggi, la prigione come luogo fisico e dell’anima imprigionata in un blocco dove il corpo non invecchia, una vita incastrata e fuori sincronizzazione con quelle degli altri per una pena che si espia ma l’errore non si paga — sono davvero interessanti e profondi, di quella qualità che attira l’attenzione attivamente, senza bisogno di mostrarsi in mutande.
Avevo pertanto accolto con positività il tentativo di offrire la medicina realista di spunti visivi importanti con lo zuccherino di una canzone tutto sommato leggera (call me when he breaks your heart next summer, una linea che potremmo trovare nel diario di qualsiasi quindicenne).
Lo show mantiene queste caratteristiche, ma non l’ho trovato consistente come quello di un artista pienamente realizzato: mi sembra piuttosto un poliedrico prodotto di passaggio, un giovane ragazzo che sta esplorando strade diverse per non precludersi nulla nella possibile carriera futura, con approcci da conduttore, richiami ai musical teatrali e cinematografici angloamericani, l’accettazione di essere ancora un idolo per le ragazzine (quando forse vorrebbe già guardare a un pubblico più adulto), video da attore per il cinema italiano, social media love story per aprire le porte americane… insomma, un pot-pourri di esplorazioni e tentativi per capire poi quali strade sarà effettivamente il caso di percorrere.
D’altronde, quando il successo globale arriva, devi pur cercare di farci qualcosa, e il nostro Damiano non sta tralasciando nulla, portando anche un po’ di stile italiano con sé — in termini di cultura cinematografica e gusto nei costumi.
Farà breccia negli USA? Il tempo lo dirà.
Mi ha fatto vagamente sorridere la sua introduzione: lo show si divide in tre parti che narrano la storia della sua vita.
A 26 anni mi sembra un po’ esoso parlare della storia della propria vita, per quanto intensa, come fosse un Frank Sinatra a fine corsa in attesa del premio alla carriera.
Da potenziale mamma o zia, mi verrebbe solo da suggerirgli di non rinunciare alla dignità, ma vista la sovraesposizione della sua vita privata forse parlo solo da una base di incompatibilità generazionale.
Il mondo è diverso per i ventenni di oggi, e non sempre possono essere gli unici a decidere.
Peggio ancora quando certe dinamiche si vedono a cinquant’anni, quindi non lamentiamoci.
Al di là della performance complessivamente sicura e vivace, senza eccessi, le canzoni non mi sono sembrate particolarmente incisive; ma, di nuovo, le ragazzine erano felici e forse è tutto ciò che conta.
I testi, particolarmente simili a quelli di altri album usciti in questo 2025, mi fanno riaffiorare i brividi dei prodotti omologati ottenuti con lo spettro di algoritmi e ChatGPT; speriamo siano solo coincidenze, prima che gli ultimi afflati di originalità ci abbandonino definitivamente.
La cover di Nothing Breaks Like a Heart è sicuramente adatta alla sua voce ed è l’unico momento prettamente musicale che mi porto a casa.
Il cioccolatino svizzero alla fine del pasto.
Il rock viene, in più passaggi, minimizzato e quasi rinnegato (senza dare colpe al resto dei Måneskin), fino alla canzone Mars, in cui ci racconta che il genere è morto: scappano tutti su Marte, ma a lui non interessa — preferisce rimanere fra le macerie con una sedicente fidanzata.
Di nuovo, un finale abbastanza mediocre e triste per il povero rock’n’roll, se pensiamo ai fasti di We Will Rock You – The Musical, dove il genere musicale salvava il mondo e riportava anche l’amore.
Personalmente, preferisco rimanere ancorata a questa speranza.
Che sia parte del copione da rispettare per un progetto di rottura o di spostamento verso una futura reunion, non è dato sapere.
Cosa dire? Damiano David è un giovane ragazzo italiano che si sta proponendo sulla scena internazionale.
Qualsiasi strada scelga di intraprendere, auguriamogli buona fortuna.
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