Top 21 Fotografie Rock: 2020

Come ogni anno, è tempo di bilanci. Anche la redazione di Fotografie ROCK ha voluto stilare una lista degli album più amati di questo 2020, andando a pescare non solo tra i grandi nomi del panorama musicale internazionale, ma anche e soprattutto in quel florido sottobosco underground che ci circonda e che non perdiamo occasione di valorizzare.

Di seguito, le scelte di ogni redattore.

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Di Andrea Musumeci:

SQUEAMISH FACTORY: PLASTIC SHADOW GLORY

Plastic Shadow Glory si permea di materia che ribolle di carica dissonante, fatta di forze liberatorie, ruvide e melodiche al tempo stesso, che vanno a rivisitare quel fervore alternative rock, così tormentato e sfavillante.

NERO KANE: TALES OF FAITH AND LUNACY

Ci abbandoniamo alla deriva misteriosa, cupa e spettrale di suoni essenziali, malinconici e percettivi, tra le linee psichedeliche del pedal steel e i riverberi marziali di ballad dark blues.

HO.BO: A MAN WITH A GUN LIVES HERE

L’estetica strumentale dei brani si trascina nelle correnti nomadi, malinconiche e cantautorali dell’alt-rock statunitense, contraddistinte da ballad gotiche in salsa country dal potere immaginifico.

SUPERNAUGHTY: TEMPLE

Trainati dalla lezione seminale dei Black Sabbath e spinti dal forte vento elettrico di libeccio, i quattro argonauti labronici migrano verso le terre desertiche color rosso sangue della Sky Valley sponda Kyuss, risalendo fin sulle coste lisergiche della Seattle sponda Alice In Chains.

ROSGOS: LOST IN THE DESERT

Le 12 tracce di Lost In The Desert ci proiettano verso spazi immensi e terre desolate dalle atmosfere meditative, ombrose, poetiche, romantiche e malinconiche, che oscillano tra l’amaro lasciarsi andare alle cupe immagini descritte dal cantautore e quei toni color seppia dipinti con poche pennellate in chiaroscuro.

HOLLOW BONE: HOLLOW BONE

Il disco d’esordio del trio meneghino è un’esperienza extrasensoriale affascinante, destabilizzante e penetrante al tempo stesso. Si va dal blues più oscuro al krautrock cosmico, dalla psichedelia d’avanguardia alla new wave dark, dall’elettronica dronica fino alla musica western.

RITMO TRIBALE: LA RIVOLUZIONE DEL GIORNO PRIMA

Il mantra sonoro dei Ritmo Tribale è rimasto invariato: si riparte da un viaggio profondo e intimo, trascinato da riff viscerali, sferzanti e diretti, svisate elettroacustiche ipnotiche, melodie malate e distorte, e ritmiche abrasive.

AN EARLY BIRD: ECHOES OF UNSPOKEN WORDS

Echoes Of Unspoken Words è un placido folk bucolico, intenso, fluido e ovattato, che penetra sottopelle e che vive di semplicità epidermica, nel suo tentativo onirico di rivelare il microcosmo dell’anima, senza risultare mai banale.

ZEDR: FUTURO NOSTALGICO

Mescolate ad un utilizzo soft dell’elettronica, prendono corpo cadenze dreamwave, country-folk, R&B e psych-western d’oltreoceano, generando suggestivi intrecci armonici ed arpeggi sottili e onirici, dove melodie ipnotiche e vagamente latineggianti si appoggiano su linee guida introspettive.

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Di Chiara Profili:

THE SPELL OF DUCKS: CI VEDIAMO A CASA

Il cammino della band piemontese parte dall’antica capitale del Regno d’Italia, per poi espandersi in un giro del mondo, che ha, come meta finale del pellegrinaggio, il ritorno a casa. Every Sunshine washes my brain: ogni esperienza ci arricchisce. È questo il motto dei The Spell of Ducks.

PAUL McCARTNEY: McCARTNEY III

McCartney III è senza ombra di dubbio un album di musica contemporanea che spazia dal rock al blues, toccando anche sfumature soul r’n’b’, ma è soprattutto la perfetta dimostrazione di quante idee circolino ancora per la testa di questo compositore e della sua passione sconfinata per lo scrivere musica.

BOB DYLAN: ROUGH AND ROWDY WAYS

Rough and Rowdy Ways è un disco composto da dieci tracce, per un totale di un’ora e dieci di folk, blues, poesia, sentimento e stile. Il vecchio Bob ci mostra, con l’uso moderato e sapiente della sua voce, nitide diapositive di vita vissuta, facendo leva su quella che è da sempre la sua forza, ovvero l’efficacia dei testi, che si appoggiano melodicamente sulla musica.

MARILYN MANSON: WE ARE CHAOS

We Are Chaos è una sinfonia di corpose sovrastrutture, che celano solide basi rock and roll e dark folk. I dieci brani che compongono il melodramma dark rock di Manson sono un sunto di quanto da lui fatto durante tutta la sua carriera e tuttavia risultano freschi, moderni, coinvolgenti, maturi e stupefacenti.

BRUCE SPRINGSTEEN: LETTER TO YOU

Letter to You è un lavoro che si distacca dalle sperimentazioni del precedente Western Stars e che possiamo vedere come un ritorno alle origini, al suono pieno e caratteristico della E Street Band e alla scrittura tipica di Springsteen.

VIADELLIRONIA: LE RADICI SUL SOFFITTO

Lo stile compositivo che pervade le varie tracce di Le Radici sul Soffitto è variegato, ma allo stesso tempo riconoscibile, caratterizzato dall’espressiva voce della frontwoman Maria Mirani, che interpreta con convinzione dei testi per nulla scontati, che ricordano la complessità del Morgan solista. Nel complesso, le Viadellironia hanno confezionato un buonissimo disco d’esordio, ben suonato, con liriche interessanti, ritmiche vivaci e melodie accattivanti.

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Di Alberto Maccagno

THE BEATERSBAND: VOL. 2

Quello proposto dai toscani The Beatersband è un ritorno alle origini fresco e per nulla scontato. Le sonorità coinvolgenti ed entusiasmanti degli anni ‘50 e ‘60 (rock ‘n’ roll, doo wop), sciacquate nel filtro del punk americano anni ’70, prendono nuova vita e colore all’interno di Vol. 2 (come anche nel precedente Vol. 1), alternando episodi più nostalgici ad altri decisamente gioviali e ballabili.

THE ALIEN CORMORANT & CECILIA MIRADOLI: FROM MY HOUSE TO YOUR HOUSE

La bella voce di Cecilia Miradoli racconta i pensieri laceranti e il dolore della solitudine durante il periodo di quarantena (il primo) adagiandosi su una produzione dark wave sperimentale avvolgente e cinematografica. L’EP alterna momenti di tensione e pena ad altri carichi di nostalgia e fragilità, così come mescola la lingua inglese con puntuali interventi in italiano, volti a sottolineare i concetti cardine dell’opera.

THE MILLS: CERISE

Figlio degli anni ’90 ma consapevole del suo tempo, Cerise è un album di matrice alternative/ indie rock, il quale però risulta in grado di allargare gli orizzonti fino al britpop e al punk inglese della prima repubblica (specialmente nella conclusiva Camden Town). Stesure vocali belle e ben interpretate (oltre che lavorate ottimamente in fase di missaggio) si sposano a un sound catchy e orecchiabile, seppur carico di distorsione e di rumore, dando vita a uno dei lavori più intriganti e riusciti di questo 2020.

KING KRULE: MAN ALIVE!

Dunque, per questa ricetta vi occorrono: immaginario allucinogeno e trippy (Q.B.), dosi abbondanti di rock psichedelico e free jazz sperimentale, una spolverata di trip hop e una punta di post punk (ovviamente, abbondate con la malinconia). Mescolate il tutto con una performance e un’interpretazione vocale ineccepibili e, infine, impiattate. Se il risultato ottenuto non è il disco dell’anno, consultate Archy Marshall per maggiori dettagli.

BELVAS: ROCCEN

Il debut album dei Belvas rappresenta un riuscito compromesso tra rock alternativo e dark blues, condito con influenze rock ‘n’ roll e punk, e richiama in diverse occasioni (Ferite, A Fondo Billy) l’energia e la passione dei primi Verdena. Un’opera sfaccettata che denota una tensione perpetua, sempre sul punto di esplodere in tutto il suo fragore.

MARRANO: PERDERE

Rock alternativo che bussa alle porte del grunge. Con un sound sporco e particolarmente intenso, valorizzato da un’ottima produzione, Perdere lascia trapelare una certa intimità attraverso le sue liriche e grazie alle indovinate interpretazioni vocali che lo contraddistinguono, permettendo
all’ascoltatore di empatizzare con le sofferenze e con i sentimenti dell’autore.

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